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IL TEMPIO DI NETTUNO A PAESTUM: IL BELLO TRA LE BELLEZZE

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Non è un fatto stupefacente che nessuno prima abbia scritto su questo?”. Così, nel XVIII secolo scriveva l’archeologo e storico dell’arte tedesco Johann Joachim Winckelmann riferendosi alla sua visita a Paestum che molto lo aveva segnato. E se per lo studioso nativo di Stendal l’assenza di resoconti sulla magnificenza di Paestum risultava stupefacente, certamente lo era perché a essere primi stupefacenti lo erano e lo sono i Templi ancora perfettamente conservati dell’antica città prima greca, poi romana e lucana.

E stupefacente, su tutti, è il Tempio di Nettuno che, maestoso e orgoglioso, si configura come l’esempio migliore in assoluto di architettura in stile dorico tra Italia e Grecia. Siamo certi che in particolar modo lui avrà folgorato la vista di Johan Wolfgang von Goethe allorquando, nel suo famoso Viaggio in Italia”, descrive l’arrivo all’area archeologica di Paestum considerando: “Finalmente, incerti se stessimo avanzando tra rupi o macerie, finimmo col riconoscere in alcune grandi, lunghe masse quadrangolari che avevamo già avvistate di lontano, i templi e i monumenti superstiti e memorie di un’antica, fiorente città”.

 

Il mistero della sua attribuzione, caso risolto?

Ciascun turista che ha avuto la fortuna di visitare Paestum o sta pensando di farlo grazie alle mille occasioni di escursioni nel Cilento, è rimasto colpito da quel meraviglio esempio di grandezza artistica che per tutti è e rimarrà sempre il Tempio di Nettuno. Eppure l’attribuzione della dedica nei confronti del dio del mare, Poseidone, è a quanto pare errata, essendo un accostamento solamente ipotizzato e non verificato dovuto certamente al nome che la località aveva al momento della sua fondazione: Posidonia, in onore appunto della divinità col tridente.

Gli scavi archeologici e lo studio delle fonti nel XVIII secolo hanno, invece, portato in superficie una verità diversa: alla luce di quanto ritrovato nel cuore dell’edificio, quel luogo di culto non era dedicato sicuramente a Nettuno, bensì a Zeus o, ancora più probabilmente, ad Apollo in quanto protettore della medicina. C’è chi suppone persino possa essere stato eretto in onore a Hera, moglie di Zeus e divinità principale di Paestum.

Insomma, è stata svelata solo parte del mistero con il caso della precisa attribuzione che rimane avvolto nel dubbio. Ma con la certezza che si tratti di una delle eredità del mondo antico più affascinanti e belle che ci siano.

 

Caratteristiche, dimensioni e numeri architettonici

La realizzazione del Tempio di Nettuno (continuiamo a chiamarlo così tanto per convenzione quanto per affetto) viene fatta risalire alla metà del secolo V a.C., in contemporanea a quella dell’eccezionale Tempio di Zeus a OIimpia, in Grecia, che appare ai visitatori di oggi in uno stato di conservazione di gran lunga inferiore al “nostro”.

Per quanto riguarda le dimensioni, esso presenta una pianta a base rettangolare di 24,14 metri per 59,88 metri; si erge, inoltre, su un basamento, o crepidoma, costituito da tre gradoni che, elevandolo ulteriormente, ne incrementa maestosità e imponenza. Il colonnato esterno rappresenta un curioso e significativo caso di eccellente anomalia: oltre alle canoniche sei colonne sui lati corti, lungo i lati lunghi del Tempio esse sono quattordici e non tredici come la regola architettonica classica prevederebbe. Unico esempio simile è quello di Segesta, in Sicilia, a certificare come questa fosse una caratteristica predominante dei templi edificati in Magna Grecia. Ciascuna colonna, poi, ha un diametro di base di 2,09 metri, mentre alla cima si riduce a 1,55 metri, e presenta ventiquattro scanalature interne (anche questa una singolarità in quanto generalmente sono venti) ben più profonde del normale, a rendere ancora più slanciata l’immagine complessiva dell’edificio. I capitelli, infine, conservano una matrice dorica meno marcata del solito.

Venendo alla parte più interna, e più specificatamente alla cosiddetta “cella”, essa non ha più i blocchi che costituivano i muri poiché nei secoli, soprattutto in età medievale, vennero riutilizzati dagli abitanti locali per costruire nelle vicinanze. Ospitante la statua della divinità celebrata in quello specifico luogo di culto, la cella era costituita da tre navate e da due piani di colonnati ancora perfettamente in piedi; anche in questo caso, il tetto era sostenuto da travi legno ed era decorato con travertino della zona e marmo greco.

Oggi, grazie allo straordinario lavoro del Parco Archeologico di Paestum e del suo direttore Gabriel Zuchtriegel, è possibile finalmente entrare all’interno del Tempio di Nettuno e passeggiare tra le sue incantevoli colonne come un vero abitante di Paestum.